A un anno di distanza dal ritrovamento in Maddalena dei due corpi dei macedoni Hristo Uzunov ed Ekrem Salija, uccisi a colpi di pistola il 23 giugno 2011, è iniziato il processo. Ieri si è tenuta la prima udienza in Corte d’assise. A testimoniare contro i tre imputati (Daniele Saravini, ieri sul banco degli imputati, considerato il mandante; e gli esecutori Luca Cerubini, che verrà processato con rito abbreviato e Andrea Volonghi che si trova in carcere in Tunisia) l’uomo che ha ritrovato i cadaveri, l’ispettore della Mobile Giovanni Bellagente, il gestore dell’hotel in cui i due si presentarono poche ore prima di sparire nel nulla e un agente della Scientifica della Questura.
La ricostruzione dell’indagine conduce passo per passo nella vicenda: si è parlato del cellulare ritrovato nella tasche di una delle due vittima grazie al quale gli agenti della Mobile scoprirono che erano in affari con Saravini. Quest’ultimo, spacciandosi per un funzionario di una banca inglese, aveva promesso loro un finanziamento da 26 milioni di euro per aprire un centro commerciale a Skopje. In realtà questa era una truffa bella e buona, dato che i macedoni non ricevettero mai un euro a fronte dei 400mila versati. Da qui il movente: Bellagente, durante il processo spiega la posizione di Luca Cerubini e di Andrea Volonghi, i bresciani cui l’accusa attribuisce l’esecuzione, assoldati da Saravini per far tacere i due imprenditori dell’est.
All’udienza ieri doveva testimoniare anche un’ex collaboratrice di Saravini, costretta a partecipare alla truffa, ma la donna ha deciso di non presentarsi essendo stata minacciata di morte la notte precedente con un biglietto lasciato sotto il tergicristallo della sua auto.
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