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“Sos scuola”, grande partecipazione al flash-mob al Teatro Grande

 

Con la parola d’ordine: "il Governo oscura la scuola, noi accendiamo la luce", si è tenuto, ieri davanti al Teatro Grande di Brescia, un flash mob partecipatissimo di docenti che hanno manifestato tutta la loro profonda disapprovazione contro i tagli che il Governo ha apportato all’ istruzione pubblica con la conseguenza di far ricadere sulle famiglie i costi ulteriori della crisi che sta investendo il paese. In allegato troverete il documento dei docenti di che sono stati i promotori dell’iniziativa, che è avvenuta in tantissime altre città italiane, il gruppo "SOS SCUOLA".

Di seguito il testo integrale del comunicato relativo all’iniziativa firmato dal Comitato "SOS SCUOLA"

"LA SCUOLA VA A ROTOLI, potrebbe essere una facile battuta per denunciare che anche la carta igienica, che viene  acquistata dai genitori, così come tantissimi altri prodotti di prima necessità, è  indispensabile all’ordinario funzionamento. In realtà, in questi anni si è accumulata una quantità spaventosa di cartaccia che meriterebbe la stessa destinazione d’uso: le leggi targate Gelmini e Profumo! Nell’ultimo decennio si è fatto di tutto per legittimare lo smantellamento della scuola pubblica: tagli su tagli spacciati come riforme epocali con la compiacenza e la complicità di buona parte del mondo sindacale e dei mezzi di mistificazione di massa. In questo scenario di macelleria culturale, non è cessato, ma addirittura aumentato, il fiume di denaro pubblico versato nelle casse delle scuole private, mentre le Dirigenze scolastiche (là dove restano) sono alle prese con bilanci fallimentari, pressanti reclami dei fornitori e legittime richieste dei supplenti non pagati; la normale gestione didattica ed amministrativa è impedita dalla mancata restituzione di milioni e milioni di euro. Alla faccia delle speranze di rinnovamento ed equità sociale, tutti gli atti legislativi per la scuola del Governo Monti sono stati presi in perfetta sintonia con quelli del precedente Governo Berlusconi, al punto da rendere palese la continuità fra i ministri Profumo e Gelmini. E’ impossibile rimanere indifferenti di fronte alla sfrontata complicità di una neomaggioranza  parlamentare che non si vergogna neppure di manifestare pubblicamente la propria trasversalità. Chi aveva sperato in una politica che premiasse la componente culturale e che investisse nella formazione è rimasto con un pugno di mosche e con la sgradevole sensazione di essere stato fregato per l’ennesima volta.

Tutti i tagli programmati dal precedente Ministro della Pubblica Istruzione sono stati portati a regime:

-riduzione del tempo scuola in tutti gli ordini  scolastici

-aumento vertiginoso degli alunni per classe

-taglio alle attività di sostegno per gli alunni in difficoltà e delle ore alternative all’insegnamento della religione cattolica

-licenziamenti camuffati attraverso il blocco delle assunzioni

-super accorpamenti di scuole di ordini diversi, con istituti che hanno ormai più di 1500 studenti

In aggiunta a tutto ciò, sul mondo della scuola incombe come una ghigliottina una proposta di privatizzazione (ex legge Aprea) che farà ricadere tutti i costi sulle famiglie italiane e che metterà la scuola pubblica al guinzaglio dell’imprenditoria. Il Governo dell’innovazione e dei giovani “svecchia” la scuola italiana bloccando i pensionamenti,  cancellando con un colpo di spugna le aspirazioni di decine di migliaia di precari (giovani e non). Il piano di espulsione si è palesato in tutta la sua evidenza con la proposta di modifica delle ore di servizio che costringerebbe gli insegnanti della scuola primaria e secondaria rispettivamente ad un aumento di 2 e 6 ore dell’orario settimanale senza alcuna retribuzione aggiuntiva, attraverso una modifica unilaterale e non concordata del Contratto Nazionale di Lavoro. 

La proposta di aumento di orario nega, in modo arbitrario e demagogico, la specificità del lavoro di insegnamento che, oltre alle 18-22 ore di lezione, da sempre comporta numerosissime altre indispensabili e inderogabili attività.

Un insegnante spende almeno un paio di ore del suo pomeriggio a  preparare le lezioni del giorno successivo; periodicamente corregge i compiti e le verifiche (attività che richiede per ogni classe in media 5-6 ore); redige i programmi disciplinari e quelli individuali per gli alunni in difficoltà; organizza e svolge le uscite didattiche e le gite scolastiche (senza retribuzione e senza alcuna tutela legale); partecipa alle riunioni collegiali e ai Consigli di classe (40+40 ore); gestisce i progetti educativi deliberati dal Collegio dei Docenti e presenti nel POF; incontra i genitori settimanalmente e nei colloqui generali; frequenta i corsi di aggiornamento. A questa arida, ma necessaria contabilità vanno aggiunte le ore di “volontariato” che egli fa per puro senso etico e spirito professionale, in barba al luogo comune dell’insegnante fannullone. 

L’ insegnante si aggiorna a sue spese, studia, compra libri, partecipa alle attività sociali e culturali facendo conto unicamente sul suo stipendio.  In altri Paesi, dove gli stipendi sono circa il doppio, è aiutato dalle istituzioni che elargiscono agevolazioni, contributi e detrazioni fiscali. Eppure, secondo le fandonie di chi ci governa, i docenti italiani lavorerebbero meno dei colleghi europei, QUESTO E’ ASSOLUTAMENTE  FALSO!

Il carico di un insegnante di scuola primaria è di 22 ore rispetto alle 19,6 della media U.E.; nella secondaria di primo grado le ore sono 18 contro le 18,1 della media europea; per la scuola secondaria di secondo grado sono 18, mentre per la media europea sono solo 16,3. Inferiori, invece, alla media europea sono gli stipendi: da 4 a 10 mila euro in meno a inizio ed a fine carriera, senza contare, poi,  il blocco dei contratti fermi dal 2007 e degli scatti di anzianità che, insieme, producono una perdita ogni anno di circa 2000 euro. Non contento, il nuovo ministro ci mette pure la truffa del concorso per docenti abilitati e quella che oramai viene comunemente definita la “deportazione dei docenti inidonei” nei ruoli ATA.

TUTTE QUESTE RAGIONI possono essere sufficienti per chiedere un cambiamento profondo delle politiche del Governo sulla scuola che sono, peraltro, in controtendenza con i cospicui finanziamenti che i governi europei stanno mettendo a disposizione per il rilancio del mondo della cultura e della ricerca, come unico modo possibile per uscire dalla crisi economica e poter progettare un futuro migliore per tutti.

BASTA, quindi, con le politiche di delegittimazione del  valore educativo della scuola e del suo contributo alla formazione del sapere, perché l’istruzione pubblica è e rimane un bene comune di tutti e per tutti.

IL PERSONALE DELLA SCUOLA e tutti gli altri lavoratori italiani hanno già ampiamente contribuito al risanamento del deficit dello Stato. E’ ora che la crisi sia pagata da chi l’ha provocata e che, ancora, continua a trarne grandi vantaggi e lauti guadagni".

 

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Published by
Redazione BsNews.it

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