Un grido da via Toscana: “Io voglio la mia casa, non la Tav”
I residenti di via Toscana non si arrendono e chiedono rispetto per le loro vite, le loro case, i loro diritti, il loro passato e il loro futuro. Nelle ultime settimane donne, uomini, bambini e anziani si sono uniti per far sentire la loro voce. Questa sera alla festa di Radio Onda d’Urto saranno di nuovo compatti per chiedere aiuto, solidarietà e giustizia. Nel corso del suo concerto il cantante Caparezza passerà loro il microfono per qualche minuto, utile a spiegare la loro situazione e a leggere una lettera di una ventisettenne che abita in via Toscana dal 1988. Nelle sue parole ci sono i sentimenti di tutti i suoi vicini di casa. Ve le proponiamo in anteprima.
“Sono anni che le cronache ci raccontano della lotta e della resistenza in Val di Susa contro la Tav. Oggi questa battaglia si combatte anche a Brescia e nelle nostre province. Perché la Tav riguarda anche noi bresciani in prima persona. Decine di persone, nostri concittadini, si ritroveranno espropriati delle proprie case e dei propri terreni per far posto all’alta velocità. E questa assurda verità l’ hanno appresa solamente tre settimane fa leggendo i quotidiani locali.
Alcune di queste persone sono qui oggi per raccontarvi la loro storia e le loro paure. Ho 27 anni. Nel lontano 1988, mi trasferii con i miei genitori in via Toscana per la nascita di mia sorella Alessandra. La scelta di vivere e comprare questa casa non fu casuale: mio padre e prima ancora mia nonna vivevano in questo quartiere da sempre. Mia nonna era praticamente nata con il quartiere Don Bosco. Considerando che c’è gente che vive dalla fine degli anni ’50 in questo “frammento” di via nel cuore della città di Brescia, per molti di loro, ad oggi, resto ancora una “nuova arrivata”!
Ventiquattro anni non sono molti, però sono sufficienti ad un piccolo seme, piantato con mia madre nel giardino di casa, per diventare un maestoso albero di giuggiole, che forse pochi conoscono, e che ogni anno ci dona centinaia di frutti da raccogliere. Pochi o tanti che siano, restano comunque anni. Anni passati a giocare nella piazzetta davanti casa con amici e palloni, anni passati in giardino a studiare con i compagni di scuola, anni passati a giocare a palle di neve e a lanciarci con lo slittino dalla discesa dei garage, anni nei quali un gruppo di piccoli futuri uomini e donne organizzava spettacolini per il vicinato o bancarelle di oggetti usati, per comperare il gelato o adottare un gattino abbandonato.
Anni. Tanti anni e infiniti ricordi che in questo momento fanno male. Molto male. Un male che viene dal profondo del cuore. Con il passare del tempo molto è cambiato, sono cresciuta, mia madre è morta, persone si sono trasferite e di nuove ne sono arrivate, le nostre case verranno abbattute per far posto al “futuro”, all’alta-velocità, alla TAV.
E affermo “verranno” perché da quanto abbiamo appreso solamente tre settimane fa, e vi ripeto, solamente da tre settimane, sarà inevitabilmente cosi: un “disagio” indispensabile per la collettività ci hanno spiegato! Questo vuol dire perdere la propria casa, vederla abbattere, perdere con essa mille ricordi, emozioni, affetti, perdere le proprie radici e anche la propria identità. E tutto questo apprenderlo leggendo il quotidiano locale.
Un giornalista sensibile all’argomento qualche settimana fa ha scritto: “La casa non sono solo quattro mura… è qualcosa di più”. Non potrei riscrivere meglio questo pensiero.
Ora mi chiedo: è forse solo un "disagio" indispensabile per la collettività? Vi assicuro che per chi vive sulla propria pelle quanto sta accadendo, non è solo “disagio”! In questa irragionevole condanna che ci è stata inflitta non sono la sola a pagare: con me altre decine di famiglie bresciane e non solo, vivono e apprendono in questi giorni questa terribile verità. Decine di persone con storie e vite diverse dalla mia, unite a me da questa spaventosa realtà.
Le carte sono già state scritte, le decisioni sono state prese ancora anni fa a nostra insaputa, senza che nessuna autorità competente si facesse carico di avvisarci personalmente e spiegarci quanto stava accadendo, negandoci in questo modo la possibilità di appellarci e replicare.
A noi cittadini bresciani, prima che italiani, resta solamente accettare quanto deciso per noi? Io voglio continuare ad abitare dove 24 anni fa i miei genitori decisero di vivere e crescere la propria famiglia, nella casa costruita non solo da mattoni, ma da sacrifici e ricordi. Se veramente ci toglieranno le case e le abbatteranno, tutto questo dove andrà a finire?
Ci hanno assicurato che le nostre case verranno liquidate, ma si può "rimborsare" o rimpiazzare con i soldi tutta questa mancanza? Che valore hanno le persone e i loro sentimenti rispetto ad una nuova linea ferroviaria e ai giochi di potere? La mia pianta di giuggiolo, troppo grande e radicata nel terreno per essere trapiantata, che fine farà? Chi risponderà a queste mie domande?
Noi bresciani combatteremo senza sosta per salvare le nostre case e il nostro passato! Qualcuno un giorno scrisse: “…Senza passato non c’è futuro”. Ciò è ancora vero nel Paese “libero” nel quale vivo chiamato Italia? Io, a 27 anni, ci voglio ancora credere. E lotterò finché potrò per continuare a crederci”.
Valentina Zanini