(a.c.) Il lungo e complesso iter per lo studio di fattibilità del macello di Manerbio è appena agli inizi, ma Asl ed Arpa già nella prima seduta della conferenza dei servizi hanno evidenziato che i potenziali rischi derivanti dall’impianto sono molto gravi.
Quello che è ormai noto come "mega-macello", se venisse effettivamente alla luce sarebbe il più grande d’Italia. Al suo interno si potrebbero "trattare" fino a 12mila capi al giorno, che in poche ore raggiungerebbero i paesi di mezza Europa. Numeri che impressionano, e spingono Asl ed Arpa a richiamare l’attenzione, fin dalla prima seduta della conferenza dei servizi, l’iter che porterà all’approvazione o meno della VAS, la Valutazione Ambientale Strategica, sull’impatto ambientale dell’impianto. Sono molti i fattori che preoccupano, sull’edizione odierna di Bresciaoggi ne sono riportati alcuni, a cominciare dall’enorme fabbisogno idrico di almeno 800mila metri cubi annui, circa la metà dell’attuale utilizzo di tutto il territorio manerbiese. Oltre a questo, il soggetto proponente non ha presentato alcuna mitigazione ambientale, non è stato presentato un piano di emergenza in caso di guasto del depuratore, è da valutare attentamente la compatibilità della struttura con la vicina Finchimica (distante solo mezzo chilometro), così come il piano di smaltimento dei rifiuti e dei liquami.
Lavoro da fare ce n’è parecchio: siamo solo all’inizio.
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