Caso Caffaro, Ruzzenenti: “In dieci anni non si è fatto nulla, ora intervenga l’Europa”

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(d. bacca) Sono passati dieci anni da quando è scoppiato il caso Caffaro. Dieci anni durante i quali si è mosso ben poco in termini di bonifiche e messa in sicurezza dell’enorme area inquinata da pcb e diossine. “Oramai si va avanti con ordinanze d’emergenza replicate di sei mesi in sei mesi . Ma non sono più credibili tant’è che la gente è tornata a coltivare gli orti e passeggiare nei parchi. Come se niente fosse” spiega Marino Ruzzenenti, lo storico bresciano che con un suo libro fece scoppiare il caso Caffaro a livello nazionale. Lo scorso aprile Ruzzenenti ha deciso di presentare un esposto alla corte europea, sperando che di rimette al centro del dibattito il tema della bonifica di quei due milioni di metri quadrati di terreno sdraiati a sud di via Milano.

Perché ha deciso di rivolgersi all’Europa?
Perché a Brescia si sta operando una sorta di rimozione del problema Caffaro. Sono passati dieci anni, non si è fatto nulla, se non piccole bonifiche. Servirebbero risorse enormi, si parla da anni di 6 milioni che non sono ancora arrivati e che sarebbero solo una goccia nell’oceano. E poi questa vicenda è gestita in modo assurdo: c’è un enorme rischio sanitario, non si fa la bonifica e si abbandona la gente al rischio. I cartelli di divieto sono spariti, nessuno sa delle ordinanze, la gente è tornata nei parchi, le pecore sono tornate a pascolare. Se c’è un’emergenza si interviene subito. Dopo 10 anni le ordinanze non sono più credibili.

E l’obiettivo dell’esposto quale sarebbe?
Ho voluto denunciare questa situazione paradossale richiamandomi ai principi di tutela della salute pubblica dell’Ue. Siamo di fronte a inadempimenti clamorosi. L’obiettivo è fare pressione sullo Stato italiano. Brescia in questa vicenda dovrebbe fare l’opposto di quello che sta facendo. Non nascondere o minimizzare, ma creare un caso, drammatizzare la situazione, accendere i riflettori: solo così si potrà smuovere qualcosa, a iniziare dalle risorse. A meno che non si decida di non fare nulla e lasciare tutto così com’è….

Ha parlato di rischio sanitario, ma finora l’Asl ha sempre rassicurato la popolazione
Il ministero dell’Ambiente già nel 2003 aveva segnalato una situazione di alto rischio sanitario e ambientale sia nelle rogge che nei terreni agricoli e ad uso residenziale. Per anni l’Asl di Brescia ha affermato che i PCB non fanno male alla salute. Centinaia di studi sulla tossicità dei PCB, su cui conviene l’intera comunità scientifica internazionale, vengono così superficialmente ed irresponsabilmente buttati nel cestino, con l’effetto paradossale di indurre nei bresciani una sconfortante confusione. Poi si scopre che la stessa Asl su una rivista internazionale pubblica uno studio sul “caso Caffaro” da cui emerge un’associazione tra PCB nel sangue e Linfoma non-Hodgkin. Ma c’è di più. L’Asl di Brescia ha sempre sostenuto che le concentrazioni di PCB nella generalità dei bresciani fossero nella norma. Una netta smentita da un’indagine su vasta scala compiuta in Francia. A Brescia la contaminazione media da Pcb  presente nella popolazione è di 1186 ng/g di grasso plasmatico, nella zona Caffaro siamo addirittura a 14.244. La media nella popolazione francese è di 480 mentre manca uno studio comparabile in Italia. L’agenzia nazionale di sicurezza alimentare francese indica per le donne fertili una soglia critica di 700 ng/g, sarebbe interessante sapere quante donne bresciane in età fertile si trovino vicino a quella soglia!

La situazione che ci descrive è drammatica, come se ne esce?
Ripeto, credo che la prima cosa sia enfatizzare il problema, non sminuirlo. Bisognerebbe battere i pugni sul tavolo con il governo, non si possono tenere 30mila bresciani in queste condizioni per 10 anni. A Taranto c’è una contaminazione non paragonabile a quella bresciana, eppure quello è un caso nazionale dove comune, provincia e regione hanno fatto un bel po’ di rumore. A Colleferro si non portati a casa 34 milioni per una situazione ben più lieve, noi sono anni che ne aspettiamo sei. Dovremmo fare lobby e chiedere risorse a tutti, Regione, Stato, Europa. Invece affrontiamo il tema timidamente. Anche nel Pgt: era una buona occasione per affrontare il problema, ma non è stato fatto.

Che ne pensa di creare un parco fotovoltaico o un bosco sulle aree agricole inquinate?
Le soluzioni possono essere molte. Vanno individuate le priorità, le rogge, i parchi pubblici, i giardini privati. Quelli vanno bonificati. Poi nei campi si possono trovare altre strade, i pannelli fotovoltaici per risarcire gli agricoltori o anche l’ipotesi del polo logistico Italgross, previsto a Buffalora, come suggerito da Aldo Rebecchi. Ma queste operazioni hanno senso se c’è un progetto generale, un disegno che io però non vedo.

Poi c’è il tema del sito industriale
E quella è la vera bomba ecologica. Brescia si ritrova con una piccola Chernobyl in mezzo alla città. Non possiamo aspettare all’infinito e restare legati alla sopravvivenza dell’azienda. Lì sotto c’è una concentrazione di inquinamento spaventosa. Se si smettesse di pompare l’acqua, i rischi per la falda sarebbero enormi. Va pensato qualcosa, vanno coinvolti ingegneri e studiosi a livello internazionale. Di certo noi non possiamo consegnare alle generazioni future una città con una bomba ecologica al suo interno.

 

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1 COMMENT

  1. Ruzzenenti è la persona giusta per fare il Sindaco di Brescia. Attento a tutto ciò che riguarda la vita e la serenita della nostra popolazione.

  2. "Fare pressione sullo Stato italiano" ? Ma non abbiamo avuto ed abbiamo decine di onorevoli a Roma a rapresentare anche i problemi del territorio e dell’ambiente ? E persino due sindaci anche onorevoli, cioè Corsini a Paroli. O forse le problematiche ambientali non sono una priorità in questo Paese…

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