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Casa, a Brescia nel 2018 mancheranno 60mila alloggi popolari. Surplus di edilizia libera

I piani urbanistici dei Comuni lombardi non tengono conto del reale fabbisogno di abitazioni. Nel 2018 mancheranno 920.313 vani (pari a 418.324 case popolari) a canone sociale, 323.779 vani (147.172 alloggi) di edilizia convenzionata. In compenso, si registrerà un surplus di edilizia libera pari a 809.184 vani (ossia 367.811 case), perché i Comuni hanno previsto nei piani urbanistici un eccesso di edilizia residenziale libera, per un mercato che non c’è, che da solo basterebbe a coprire il 65% della domanda di alloggi a canone sociale o convenzionato. E’ quanto emerge dalla ricerca condotta dal Politecnico di Milano per conto della Cisl e del Sicet Lombardia, presentata oggi nel corso del convegno “Offerta e fabbisogno di abitazioni in Lombardia”.
I dati non lasciano spazio a molti dubbi.
 
Esiste un fabbisogno forte e crescente di edilizia sociale da destinare all’affitto, che ha la sua punta nella provincia di Milano, con Monza e Brianza, che genera un fabbisogno irrisolto al 2018 di 431.816 vani (196.280 alloggi) di edilizia sociale, 106.225 (48.284 abitazioni) di convenzionata. Al secondo e terzo posto si collocano Brescia, con 129.024 vani (58.647 alloggi) di edilizia pubblica a canone sociale e 37.216 vani (16.916 abitazioni) di edilizia convenzionata, e Bergamo, con 85.377 vani (38.808 abitazioni) di edilizia sociale e 19.331 vani (8.787 alloggi) di convenzionata. Sul fronte dell’eccesso di edilizia libera, Bergamo sale al primo posto, con 138.263 vani (62.847 abitazioni), seguita da Brescia, con 107.518 vani (48.872 alloggi), e da Mantova con 102.556 vani (46.616 alloggi).
 
“Chiediamo al governo, alla Regione e ai Comuni un cambio di passo – ha affermato Gigi Petteni, segretario generale Cisl Lombardia -. La politica abitativa nazionale deve voltare pagina, perché a tanta domanda di case popolari non si risponde con i soli fondi immobiliari, ma tornando ad investire nell’edilizia pubblica con un vero Piano per la casa, che in questa fase difficile sarebbe anche una leva importante per lo sviluppo”. “Le risorse – ha aggiunto – si possono trovare impegnando le maggiori entrate erariali derivanti dalla lotta all’evasione fiscale nel settore e chiedendo una maggiore compartecipazione del comparto immobiliare al finanziamento dell’edilizia pubblica e sociale”.
Sul fabbisogno di abitazioni a canone sociale e convenzionato incidono molti fattori: la formazione e lo scioglimento di nuove unioni, la tendenza a vivere da soli, le necessità indotte dagli studenti fuori sede e della condizione abitativa degli anziani soli, l’aumento della popolazione straniera. Su quest’ultimo fronte, in particolare, i ricongiungimenti familiari incidono del 10,62% sulla domanda complessiva di abitazioni stimata nel periodo 2009-2018. L’intera componente determinata dagli stranieri rappresenta nella Regione Lombardia il 35,67%. Tutti i dati della ricerca, inoltre, mostrano una condizione reddituale che tende ad aggravarsi, sulla base della componente straniera e delle nuove situazioni di povertà e di precarietà che si vengono a creare nel territorio nazionale.
“Per costruire nuova edilizia pubblica si può puntare sul recupero e il riuso dei nuovi “vuoti urbani” – ha sottolineato Pierluigi Rancati, segretario generale Sicet Lombardia -. C’è un enorme patrimonio fondiario costituito da immobili dismessi del demanio statale, da caserme, scali ferroviari, aree d’impianti industriali dismessi o da delocalizzare”. “Sulle aree industriali dismesse, come anche sulle grandi aree di trasformazione urbana – ha aggiunto – si devono stabilire con norma regionale obblighi di cessione gratuita, di quote consistenti di superficie territoriale da destinare all’incremento dello stock abitativo sociale, frenando l’eccesso d’offerta e di consumo di suolo per la costruzione d’edilizia libera (circa 368.000 abitazioni previste dai piani urbanisti), visto che che il fabbisogno per questa tipologia è pressoché ovunque sovradimensionato”.
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Redazione BsNews.it

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