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L’8 marzo è passato. Parliamo di donne

di Lucia Marchesi – Parliamo di donne. L’8 marzo è passato, ma questo non significa che per i restanti 364 giorni dell’anno dobbiamo dimenticarci dell’importante ruolo delle femminucce. Com’è la situazione delle donne a Brescia? Esiste la parità dei sessi? Non lo so.

Sento tante volte dire che, rispetto al passato, il gentil sesso gode di maggiore rispetto e considerazione. A parole in effetti è così. Ma a fatti?

I fatti non dicono esattamente la stessa cosa. Essendo una femminuccia di Brescia, posso portare a testimonianza qualche esperienza, personale e non.

Ancora oggi sento genitori che fanno discorsi da età della pietra. E parlo di genitori moderni, con figli adolescenti. Per esempio? Per esempio al ragazzo viene dato il permesso di stare fuori fino a tardi prima che alle sorelle, o al maschietto viene concesso un indirizzo di studio fortemente proibito alla femminuccia. Come mai?

Perché purtroppo c’è ancora questa mentalità. Al maschio si concedono cose che alla femmina magari non vengono proibite, ma almeno criticate. A una ragazza appena iscritta alla facoltà di Giurisprudenza ho sentito dire «Ma quello dell’avvocato è un lavoro da uomo, io non andrei mai da un avvocato donna», e vi posso assicurare che la persona che ha detto questa frase non ha 150 anni.

Oppure a un genitore che si lamentava perché i figli non aiutano in casa ho sentito rispondere «Ma come, hai due figlie femmine, dovrebbero proprio dare una mano», dimenticando forse l’esistenza anche di un figlio maschio, che non capisco perché debba essere esonerato dalle faccende domestiche. Qualcuno può spiegarmelo?

Quante volte vengono fatti questi discorsi? Anche oggi un nonno con 2 nipotine femmine, alla nascita di un nipote maschio, si sente dire «Il primo nipote, sarà contento»? (Per chi se lo stesse chiedendo, il nonno in questione ha risposto «Sì, sono contento, ma in realtà è il terzo»). C’è ancora chi dice al parroco del paese che il nonno non era per niente contento perché aveva “solo” 5 nipoti femmine?

Insomma, ci sono ancora le strane convinzioni che il lieto evento dell’arrivo di un bambino sia molto più lieto dell’arrivo di una bambina, ma poi come si va avanti?

Si diventa grandi, si va a scuola. Ci si iscrive in una scuola quasi esclusivamente femminile (nel senso che la maggior parte degli studenti è composta da ragazze) e il professore di chimica venera letteralmente l’unico ragazzo di tutta una classe: a lui voti più alti, comportamento più permissivo. Ma se si brama tanto di avere allievi maschi, cosa spinge ad andare a insegnare alle magistrali? Lo sanno tutti che lì sono quasi tutte femmine!

E con il lavoro? Al lavoro esiste la parità dei sessi?

Colloquio di lavoro. La prima domanda che si fa a un ragazzo è «Che tipo di studi ha fatto? Ha esperienza in questo settore?». Giustissimi quesiti. Ma a una ragazza? Si fanno le stesse domande? No, quasi mai. O, almeno, ci si arriva dopo. A una ragazza si chiede lo stato di famiglia. «È fidanzata? È sposata? Ha figli? Ha intenzione di averne?». Mancano solo esami ormonali e test di gravidanza.

Purtroppo può succedere che una ragazza trentenne venga scartata a un colloquio di lavoro perché, a questa età, «è a rischio maternità».

Complimenti per la faccia tosta di ammettere il vero motivo. Dico solo che le ragazze di oggi sono abbastanza sveglie per decidere se e quando avere un bambino. Altro che “rischio”.

Eppure ho visto ragazze darsi da fare tanto quanto i colleghi maschi, a volte di più: ho visto ragazze riempire e impilare pesanti scatoloni dopo che l’unico maschio aveva mostrato loro come fare, per poi smaterializzarsi nel nulla. La parità dei sessi viene ricordata solo quando ci sono in ballo compiti poco piacevoli? Un po’ troppo comodo, così.

Posso fare una richiesta piccina piccina? Signori, se l’8 marzo non ci regalate le mimose, ma per il resto dell’anno dimostrate di non considerarci meno di voi, noi siamo anche più contente. Grazie.

E ancora auguri, gnare!

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Redazione BsNews.it

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