(a. tortelli) Per la cultura sarà un anno doloroso. E a farne le spese – quasi un milione di euro – saranno sopratutto biblioteche e musei. Ma l’assessore Andrea Arcai si dice convinto del fatto che la nuova esposizione sui Maya, al via da ottobre, porterà benefici significativi alla città. Non solo: grazie al contributo decisivo dei privati e a una buona dose di fantasia, la Loggia troverà anche le risorse necessarie a valorizzare l’inserimento di Brescia tra i siti Unesco. Anche se da A2A, dopo quello che definisce "il nuovo sacco di Brescia dei francesi", potrebbero non arrivare le risorse sperate. L’assessore alla Cultura di Palazzo Loggia, quindi, chiude la polemica con Paolo Rossi (Bresciatourism). Ma rilancia quella – sempiterna – con Marco Goldin. Toccando – nell’intervista rilasciata a Bsnews.it – alcuni dei nodi principali dell’attualità (e del passato più recente) della Leonessa.

D – Partiamo dall’ultimo annuncio. Maurizio Bernardelli Curuz, qualche giorno fa, ha dichiarato che il 21 marzo sarà una data importantissima per Brescia sul versante culturale. Che succederà?
R – Presenteremo uno studio che lo stesso Bernardelli ha condotto in collaborazione con la Loggia e Brescia Musei. Una ricerca che riguarda la pittura e che sarà davvero importante per la nostra città. Altro però al momento non posso aggiungere.

D – Ok, torniamo al presente. Il presidente di Bresciatourism Paolo Rossi vi ha accusato di aver fatto troppo poco per valorizzare l’inserimento di Brescia tra i siti Unesco. Avete risposto duramente. Ci sono novità?
R – La polemica per conto mio è chiusa. Ho avuto modo di parlare con Merigo e con altri consiglieri di Bresciatourism, che mi hanno confermato – anche per iscritto – la fiducia nel nostro operato. Con Rossi non ho ancora avuto modo di chiarire la questione, ma oggi credo che le sue parole siano state il frutto di un equivoco diffuso: molti, infatti, faticano a percepire il fatto che noi siamo inseriti in un contesto e che quindi dobbiamo condividere ogni scelta prima di compierla. Il protocollo di intesa firmato dall’ex sindaco Paolo Corsini e dall’allora ministro Francesco Rutelli nel 2008 coinvolgeva ben 51 soggetti, fra cui associazioni, fondazioni ed enti di diversa natura. Oggi al tavolo del sito seriale ci sono otto Comuni, la Fondazione Cab (a cui all’ultima riunione è stato attribuito il diritto di voto) e il ministero. Nelle decisioni, il piccolo Castelseprio – con i suoi 3.500 abitanti – conta quanto Brescia.

D – La crisi e i tagli governativi, però, incideranno in maniera pesante sui vostri bilanci. Non teme che Rossi possa avere ragione a posteriori e che faticherete a trovare le risorse?
R – Da amministratore non posso non tenere conto di questo rischio. Da subito abbiamo iniziato a lavorare per reperire fondi e il primo successo sono stati i 250mila euro ottenuti vincendo il bando governativo contro altri 46 concorrenti. Per quanto riguarda il futuro, abbiamo già avviato una proficua collaborazione con la Regione Lombardia, che giusto la scorsa settimana ci ha portato alla Bit da protagonisti, e il 22 sarò dall’assessore Aprea per discutere del futuro culturale di Brescia. Inoltre, il prossimo 23 marzo convocheremo attorno a un tavolo i 51 sottoscrittori del 2008 e tutti i possibili portatori di interesse per allargare il più possibile l’associazione e aprire le porte a tutti coloro che possono avere benefici dal brand Unesco. Nel frattempo, grazie al contributo dell’assessore Maurizio Margaroli, abbiamo firmato un protocollo di intesa con la Camera di commercio e le associazioni dei commercianti in cui, nell’ambito del Duc, si coinvolgono queste realtà nella promozione della nostra presenza tra i siti Unesco. Da parte del sindaco e della giunta, comunque, vedo molta attenzione su queste questioni.

D – Ma quanti soldi sono necessari per valorizzare adeguatamente il tandem Brescia-Unesco?
R – E’ presto per dirlo. I primi fondi sono serviti anche per commissionare uno studio a un docente universitario e da lì dovrebbe arrivare qualche risposta. Le stime, comunque, dicono che il solo marchio Unesco comporta una ricaduta di 36 milioni di dollari di promozione turistica sul territorio nell’arco di un quinquennio. E che ogni euro investito per valorizzarlo ne genera da quattro a otto.

D – Torniamo però alla questione delle vostre disponibilità. Sarete costretti a tagliare ancora sulla cultura?
R – Nel 2010 la spesa corrente per la cultura era di oltre 15 milioni, nel 2011 siamo passati a 10,5 e quest’anno dovremmo scendere a 9,6. Purtroppo il taglio di 6,8 che Monti ci ha comunicato a ottobre ha pesato su tutti i capitoli di spesa. I tagli riguarderanno principalmente gli acquisti per le biblioteche e Brescia Musei, a cui purtroppo abbiamo dovuto ridurre il budget del 20 per cento (circa 500mila euro). Ciò comporta ovviamente una ristrutturazione del servizio museale. Ma speriamo di recuperare le risorse mancanti in corso d’anno, magari grazie al contributo di A2A. E comunque, data la difficoltà generale, credo che in questa fase sia opportuno salvaguardare soprattutto i fondi per l’Istruzione, perché mi rendo conto che la situazione attuale può mettere in difficoltà su alcune famiglie.

D – A2A, però, potrebbe non darvi le risorse su cui contate…
R – Di certo l’operazione Edison ci sta creando grossi problemi. I francesi sono riusciti a compiere un nuovo sacco di Brescia, dopo quello di 500 anni fa, accolando ad A2A 600 milioni di euro e costringendola così a ridurre le previsioni di utile. Il presidente di Edf è una sorta di novello Gaston De Foix. E purtroppo non abbiamo più una Serenissima a cui sposarci. 

D – Parliamo delle grandi mostre. Qualcuno, sui Maya, vi lancia la critica che voi avete sempre mosso a Marco Goldin: “una mostra sconnessa dal contesto bresciano”. Che risponde?
R – A Goldin non ho mai rimproverato il merito e la qualità delle mostre. Ma la scarsa ricaduta sul territorio delle centinaia di migliaia di biglietti che venivano staccati. Tanto più alla luce degli elevati costi che la Loggia era chiamata a sostenere. La mostra sui Disegni di Van Gogh è costata ben 22 euro per visitatore, contro i 9 degli Inca. Inoltre, in questi anni, siamo riusciti a coinvolgere maggiormente Brescia Musei e le risorse interne nell’organizzazione. Portando più gente nei nostri musei. Rispetto all’era Goldin, le presenze a Santa Giulia – escludendo le mostre – sono passate da 37mila a 50mila e per quest’anno ci aspettiamo una nuova crescita.

D – Su Bsnews.it lo storico dell’arte Paolo Bolpagni vi ha proposto di “barattare” la mostra dei Maya con un’esposizione dedicata a Romolo Romani definito “il più grande artista che Brescia abbia prodotto negli ultimi due secoli”. Che risponde?
R – La proposta me la fece per prima la dottoressa Elena Lucchesi Ragni nel 2008. Quando avremo le risorse dedicheremo certamente una mostra a Romani. Ma è chiaro che questa difficilmente potrebbe sostituire gli Inca o i Maya. Al di là del merito artistico, su cui Bolpagni è certamente più preparato di me, vorrei chiarire che non è stata casuale la decisione di proporre un’esposizione di tipo archeologico invece che artistico. I Maya saranno forse l’unica grande mostra di questo genere in Italia nel prossimo biennio e l’intento è quello di attrarre un pubblico diverso. Il suggerimento me lo diede nel 2009 il direttore del Palazzo delle esposizioni di Roma che mi fece notare come la mostra dedicata agli Etruschi aveva portato più pubblico delle cosiddette mostre d’arte. Lo ringrazio ancora per questo.

D – Un inciso. Per la mostra sui Maya pagherete solo a fine 2012. Non avrà davvero paura della fine del mondo?
R – In realtà la maggior parte dei soldi verranno dati nel 2013. La ragione ovviamente non è quella. Ma di questi tempi, tra cambiamenti climatici e catastrofi naturali, non si può certo dire che il pianeta stia benissimo.

D – Torniamo a Goldin. E’ vero che lo avete cercato? Lo richiamerebbe a Brescia?
R – Nessuno di noi l’ha mai cercato negli ultimi anni. Nel 2006, quando ero all’opposizione, lo contattai per sondare la sua disponibilità a cambiare tema per le grandi mostre nel caso alle amministrative avesse vinto il centrodestra. Lui allora si dimostrò molto rigido. Solo nel 2008 ci diede segnali di apertura. Ma ormai non c’erano più punti d’incontro tra noi. Anche perché inizialmente, come noto, non era nostra intenzione riproporre le grandi mostre. Furono i cittadini a farci cambiare idea. Comunque siamo soddisfatti di quanto fatto. La mostra di Matisse (fonte Repubblica.it) è stata la settima in Italia (132 giorni di apertura con una media di 1.885 spettatori al giorno), mentre la sua “Mediterrano da Courbet a Monet a Matisse” è arrivata al 14esimo posto (153 giorni, 1.078 persone al giorno). Non ho preclusioni verso Goldin: se dovessi organizzare una mostra d’urgenza potrei anche ricontattarlo, ma la precondizione è che ci garantisca le stesse condizioni di Artemartica.

D – A proposito di passato. Due delle prime azioni che ha fatto al suo insediamento sono state quelle di eliminare il Festival del circo e i pomeriggi in san Barnaba, bollati come un “tipico esempio di una sinistra salottiera che si parla addosso”. E’ pentito?
R – Assolutamente no. Anche perché con i soldi risparmiati siamo riusciti a salvare il Teatro Grande. Quanto ai Pomeriggi, oggi abbiano numerosissime richieste per incontri e convegni al San Barnaba. Francamente preferisco dare opportunità alle forze vive del territorio invece che calare la mia visione dall’alto.

D – Ma a chi le dice che la cultura è un mondo strutturalmente di sinistra e che quindi difficilmente può portarle voti, lei che risponde?
R – Di certo il centrodestra deve aprirsi maggiormente alla società, anche in campo culturale. L’obiettivo però non deve essere quello di cercare l’egemonia, ma di tenere i piedi ben piantati sul territorio e gli occhi all’orizzonte. In qualsiasi caso non credo che la cultura sia una prerogativa della sinistra. Nemmeno nell’urna elettorale.

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Redazione BsNews.it

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