Dopo le multe inflitte ai comuni di Montichiari e Ospitaletto, ora anche Verolanuova sarà costretta a pagare 3700 euro di spese processurali per aver emanato un’ ordinanza sull’iscrizione di residenza ritenuta discriminatoria e contraria alla Costituzione. A divulgare la notizia una nota della Cgil di brerscia che riprendendo la motivazione della sentenza del tribunale di Brescia scriove «La richiesta di iscrizione anagrafica costituisce un diritto soggettivo del cittadino e non può essere vincolata ad alcuna condizione al di fuori di quelle previste della legge». Con questa motivazione il tribunale di Brescia ha condannato ieri il Comune di Verolanuova per l’ordinanza discriminatoria (la numero 40 del 2008) con la quale il Comune stabiliva che tra i criteri di assegnazione della residenza per gli immigrati extracomunitari ci dovessero essere anche la carta di soggiorno, il passaporto valido e l’idoneità dell’alloggio.
Il ricorso era stato presentato dalla Fondazione Piccini e dall’Associazione studi giuridici sull’immigrazione con il sostegno della Camera del Lavoro. In diverse occasioni il Comune era stato invitato a recedere dall’ordinanza: prima con una lettera della Cgil, successivamente con un intervento diretto della prefettura e dell’Unar, l’Ufficio antidiscriminazioni che fa capo alla Presidenza del Consiglio.
Tutto inutile, il Comune ignorò i richiami e preferì andare a giudizio salvo, nel giugno scorso, annunciare il ritiro dell’ordinanza nel corso della prima udienza. Mossa tardiva perché, come spiegò il giudice, la modifica spontanea non determina «il venire meno dell’interesse della ricorrente all’accertamento della natura discriminatoria».
Ieri la condanna e il conseguente pagamento di 3.700 euro di spese legali. «Dopo Montichiari e Ospitaletto, quello di Verolanuova è il terzo caso di condanna legato a ordinanze discriminatorie sulla residenza – afferma Damiano Galletti, segretario della Cgil di Brescia -. In tempi di scarse risorse per le Amministrazioni locali, fa impressione vedere che alcuni sindaci continuano a spendere denaro pubblico per sostenere campagne ideologiche contrarie alla Costituzione e che, inevitabilmente, vengono bocciate in tribunale».
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