Ore 15.25: boato spaventoso, e la bomba non c’è più
(a.c.) Tutto è filato liscio come l’olio. Se si escludono un piccolissimo ritardo sulla tabella di marcia prestabilita, e la rabbia montata in stazione da parte di ignari passeggeri che hanno dovuto aspettare prima di proseguire i loro viaggi (poche le informazioni diramate da Trenitalia, e lenti i pullman di collegamento sul tratto Rovato-Brescia), le operazioni di recupero e brillatura dell’ordigno inesploso della Seconda Guerra Mondiale ritrovato in un cantire della Piccola Velocità si sono svolte nel migliore dei modi.
1000 persone da tenere forzatamente fuori casa per 4 ore, a partire dalle 7.30 di mattina di un giorno festivo, non sono davvero poche. Invece non si sono stati problemi di alcun genere, né ritardi o proteste per la levataccia forzata. Pareva persono che le persone evacuate fossero poche decine, anzi: il dubbio che molti ne abbiano approfittato per una mini vacanza c’è. Molte infatti le brioches avanzate dai volontari della protezione civile che ne avevano acquistata una (circa) per ogni residente evacuato. E alla fine invece sono avanzate. Due i punti di accoglienza allestiti, presso la parrocchia di San Benedetto al Primo Maggio e nella sala della circoscrizione in via Livorno. A dir la verità non erano moltissime le persone che si sono recate in questi luoghi.
Gli uomini del 10° reggimento del Genio Guastatori di Cremona hanno fatto brillare le due spolette alle 11.20, dopodiché è iniziata la procedura di caricamento della bomba sul camion dell’esercito che l’ha portata sino alla Cava Rezzola di Rezzato. Dopo aver piazzato l’ordigno nella buca predisposta, ed aver fissato ulteriore esplosivo (tritolo ed esplosivo al plastico) la buca è stata coperta con terra, e solo alle 15.25 è stato dato il via per l’esplosione. Rumorosa, come tutte quelle che i bresciani sentirono con le proprie orecchie durante la Seconda Guerra Mondiale, ma innocua.