di Esterino Bennat i- Per molti è semplicemente una delle vie simbolo della “Brescia bene”, con quegli appartamenti troppo lussuosi per i comuni mortali, i negozi di un certo livello e quegli ampi marciapiedi su cui perfino la moquette avrebbe un senso. Il salotto cittadino – regno della borghesia bresciana già negli anni Trenta – è un fiume di signorilità che ha la sua foce in piazzale Arnaldo e scorre per circa due chilometri tra gli edifici. Viale Venezia, forse, è tutto qui, ma descriverlo in questo modo sarebbe alquanto limitativo. Il grigiore del traffico, spesso, induce a sottovalutare gli affascinanti richiami della storia e quelle atmosfere che finiscono per passare inosservate. Passeggiando lungo il viale, infatti, non si può fare a meno di pensare al capoluogo veneto. L’arteria stradale cittadina conduce verso est, ma questo è solamente un dettaglio di fronte ai quasi quattro secoli di dominazione della Repubblica Serenissima in territorio bresciano. Seguì l’annessione al Regno lombardo-veneto di matrice austriaca. La natura, all’improvviso, prende il sopravvento con il triangolo dei giardini Rebuffone, dove svettano secolari ippocastani che hanno visto correre ai loro piedi generazioni di bambini spensierati. Attraverso questo angolo di ossigeno, calpestando l’erba umida, si sbuca in una strada in salita, circondata da dimore dai mille volti, alcune delle quali potrebbero essere nate dall’intrigante unione del genio dannunziano con il gusto dark della famiglia Addams. Siamo in via Boifava, dedicata a un grande protagonista delle Dieci Giornate, un prete guerrigliero che, guarda caso, combatté insieme a 350 uomini sui Ronchi per impedire i collegamenti tra le truppe nemiche presenti in città e i commilitoni provenienti dal Veneto. Torno sui miei passi e scorgo in lontananza la Chiesa del Buon Pastore, che si erge accanto alla sede dei missionari Comboniani, uomini che “combattono” ogni giorno nel segno della cultura e della pace. Cammino un altro po’, fino al delta di viale Venezia. Le sue acque d’asfalto si mischiano con quelle di viale Piave, il “Fiume Sacro alla Patria”. Ma questa è un’altra storia
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