Al monastero di Sant’Eufemia riemerge l’antica chiesa. E si pensa alla musealizzazione
I resti della chiesa sono riemersi quasi per caso, come spesso accade in questi casi. Lo scorso aprile durante alcuni lavori per la captazione e la canalizzazione delle acque sorgive della storica fonte di Sant’Eufemia, sono state trovate tracce di interesse archeologico. Comune e Sovrintendenza hanno così deciso di dar vita a una campagna di scavi, nel piccolo cortile dietro la chiesa di S. Paterio. I sondaggi hanno portato alla luce la navata meridionale della chiesa monastica. Si tratta di una costruzione stratificata, costruita in almeno quattro fasi ma tutto resta concentrato tra XI e XIII secolo. La struttura più antica risale alle fondazione del Monastero, vale a dire i primi anni dell’undicesimo secolo: vi sono tracce di pavimentazioni in cocciopesto, plinti e parte del primitivo catino absidale. Successivi e databili tra il 1100 e il 1200 sono invece alcuni interventi di ristrutturazione: l’ampliamento del transetto e, a est, un’ampia abside semicircolare.
“Questi resti” spiega Andrea Breda della Sovrintendenza Archeologica “si sono rilevati di elevato rango architettonico, al pari dei monasteri più o meno coevi di San Faustino e di San Pietro in Monte Orsino, e rivelano l’importanza del complesso voluto dall’allora vescovo Landolfo II”. I resti venuti alla luce indicano solo una parte della chiesa monastica che, in origine, era grande il triplo. Quel che è emerso è infatti la navata meridionale dell’allora edificio; l’attuale chiesa di S. Paterio (dal nome dell’antico vescovo di Brescia a cui fu in origine dedicato il monastero, solo successivamente intitolato a Santa Eufemia) costituiva invece la navata centrale mentre più a nord vi era una terza navata. Quando nel 1400 i monaci decisero di chiudere il monastero, a causa della posizione sfavorevole che lo esponeva a continui attacchi, trasformandolo in cascina, la grande chiesa monastica fu ridotta a una piccola chiesetta, in sostanza quella che si può vedere ancora oggi, trasformata in aula pubblica.
Ora che i sondaggi hanno portato alla luce la navata meridionale, non tutto è però risolto. Innanzitutto va completata la campagna di scavi. Un’operazione per la quale basterebbero poche settimane e alcune migliaia di euro (circa 15mila, la metà di quanto messo finora dal Comune). Restano infatti sospese alcune domande? Attaccato al muro meridionale dei nuovi resti vi è un grande basamento quadrato (otto metri di lato): che cosa rappresenta? Una torre di fortificazione per difendere il monastero? O un campanile? Ma in quest’ultimo caso si tratterebbe di un campanile enorme rispetto alle dimensioni delle chiesa. Come mai?
Inoltre gli scavi potrebbero dare risposte in merito al naviglio grande di Brescia, una realizzazione su cui vi sono molti dubbi in quanto alla datazione. E’ una costruzione medievale? O addirittura romana?
Quel che è certo è che il Comune finanzierà i nuovi scavi, assicura l’assessore Labolani, e che – una volta completati – verrà realizzato un percorso per poter visionare i resti. Una musealizzazione che prevederà una passerella a semicerchio per visionare dall’alto i resti.
“Abbiamo subito intuito l’importanza di queste testimonianze” spiega Labolani “e proprio per questo abbiamo voluto approfondire la questione con una campagna di scavo. Con questo nuovo sito archeologico Brescia conferma la sua importanza a livello artistico e culturale. L’obiettivo è infatti creare un nuovo polo d’attrazione che si possa collegare a Santa Giulia e all’area Unesco, completando l’offerta per i turisti”.