Alcune riflessioni sulla Cittadella dello sport

Come un torrente carsico a Brescia riaffiora ogni tanto l’ipotesi di una cittadella dello sport, di un’area dedicata alle attività sportive alle porte della città che contenga una serie di attrezzature mancanti per la città tra cui un nuovo Stadio per il calcio e un Palazzetto delio sport.

Escono indiscrezioni intermittenti circa la localizzazione (nel Parco delle Cave, a sud-est della città), sulla tipologia dell’attrezzature (impianti sparsi o sovrapposti), sulle modalità del percorso amministrativo per la sua attuazione (un piano integrato, una variante ad hoc, una specifica previsione nel PGT), sulla varietà di sport serviti (calcio, basket, pallavolo, rugby, hockey, canottaggio, sci d’acqua e chi più ne ha più ne metta).

Una sola cosa sembra certa. L’amministrazione punta al coinvolgimento di operatori privati (non specializzati, titolati in quanto proprietari dei suoli) per la realizzazione di impianti pubblici in cambio del permesso di realizzare volumi residenziali, commerciali e direzionali: limitrofi con le attrezzature sportive e in altre parti della città.

E’ un’idea irrealistica e fortemente antiquata, che scopre oltretutto il fianco a una trattativa di tipo levantino, sotterranea, degradante e, mi si consenta di dire, al limite della legalità.

Vediamo perché.

  1. Lo sport (praticato o osservato) non è un diritto costituzionale, non è fatto obbligo allo Stato di provvedervi come avviene per l’istruzione, la sanità o i servizi sociali. Chi vuole praticarlo gratis su strutture un tantino obsolete può continuare a farlo utilizzando quello che c’è, chi vuole contare su strutture più moderne o diversificate attinge (pagando) ad un’offerta privata come avviene per una visita medica, per andare al cinema o a un concerto.

  2. L’esperienza italiana di impianti pubblici realizzati come contropartita di un diverso interesse immobiliare da parte di una società che ha a cuore supermercati e condomìni (come avverrà fatalmente per la nuova sede unica comunale) ci dice che questi impianti saranno di bassissima qualità, realizzati con la mano sinistra da un operatore che considera la cosa come un fastidio e ha ben chiaro cosa vada previlegiato tra il massimo risultato e il minimo sforzo.

  3. A Brescia esistono già molteplici impianti pubblici sia per la pratica sportiva che per assistere a uno spettacolo sportivo (seppur da rimodernare), generoso retaggio di un’epoca in cui non esistevano alternative al finanziamento statale, e non si sente alcun bisogno di aumentarne la consistenza elevando i già pesantissimi oneri manutentivi. Esiste invece in città una domanda di sport a pagamento largamente insoddisfatta, sulla scia delle recenti iniziative private che hanno condotto alla costruzione di palestre attrezzate.

  4. I metri quadrati ipotizzati e promessi in cambio sono una moneta ormai quasi fuori corso.

    1. Spogliano la città degli ultimi e non riproducibili valori derivanti da quelle aree risparmiate alla crescita della città: nei suoi interstizi, ai suoi margini o nelle immediate vicinanze

    2. Vanno a fare mucchio con le centinaia di migliaia (forse milioni) di metri quadrati residenziali costruiti, in costruzione e in lista di attesa, tutti “in cerca di autore”, che assorbiranno presumibilmente la domanda dei prossimi 20-30 anni. (Questo spiega probabilmente le esitazioni dei soggetti privati che rischiano di accollarsi dei costi senza la certezza di adeguati ricavi).

Esiste un alternativa operativa? Dobbiamo per forza chinare il capo (con il naso turato) in ragione del “superiore” interesse generale, per offrire finalmente una soluzione alle società professionistiche del calcio, basket e pallavolo?

No, basterebbe procedere come avviene in Francia, Germania, Inghilterra e in tutti gli altri paesi evoluti. Invece di sollecitare il coinvolgimento del proprietario dei suoli (o di altro operatore diversamente interessato) si solleciti la formazione di una società (privata) interessata alla costruzione e alla futura gestione dell’intera cittadella senza cointeressenze pubbliche.

Gli impianti vengono messi a disposizione di tutti previo adeguato corrispettivo: al singolo cittadino che vuole praticare sport, allo spettatore che vuole assistere ad una partita professionistica e anche alle società interessate a disporre di questi moderni e superiori impianti (sig. Corioni compreso).

La migliore esperienza europea (ma anche il caso di Treviso a pochi chilometri da Brescia) ci dicono che i costi di questi impianti, adeguatamente costruiti con funzioni sportive integrate tra loro, vengono ammortizzati in 15-20 anni e dopo diventa tutto guadagno (come e più di quanto avviene per Virgin, Millenium o Studio’s in città). Accanto agli impianti sportivi veri e propri, scoperti o coperti possono essere affiancate strutture per il fitness, per il benessere, per funzioni mediche diagnostiche o rieducative, ecc.

Brescia mi sembra una città adeguatamente ricca di soldi e capacità imprenditoriale per condurre un’operazione del genere. Senza sostenere per parte pubblica trattative da “vu cumprà”, senza svendite di gioielli di famiglia, procedure bizantine o incerte coperture manutentive.

Troppo semplice?

Alessandro Benevolo

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Redazione BsNews.it

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