Giovani e sballo: condanna o commiserazione? Dalla Maddalena al Garda, viaggio tra droghe e alcool

di Massimo Rossi – Esiste un universo giovanile molto diverso da quello che possiamo vedere sui banchi di scuola, negli oratori, nelle polisportive di paese, nei tanti parchi nostrani con scivoli per bambini e monumenti alla memoria dei caduti. È un mondo giovanile dai toni crepuscolari, dalle tinte fosche e dallo stile antelucano. È l’universo dello sballo a tutti i costi, della trasgressione, della consumazione delle esperienze come un’istantanea divorata dalla fiamma di un fuoco violento. È pur vero che l’informazione non manca. I casi della cronaca non si contano e dai numerosi quanto spesso sterili talk-show gli esperti pontificano panacee di tutti i colori, medicine per il vuoto dell’anima che sempre più frequentemente attanaglia il cuore e la mente di molti giovani. Ma la meditazione non basta. Occorre, prima di tutto, gettarsi fisicamente in questi dolorosi interstizi, nei luoghi più bui e solitari per vedere con i propri occhi la bassezza, l’oscenità, la pericolosità (e anche l’ingenuità) di stili di vita e comportamenti che noi riteniamo ancora troppo superficialmente ignorati dalla pubblica opinione. Il nostro viaggio inizia, dunque, da qui, dal “fondo del barile” per raccontare, se ci riuscirà, con un linguaggio tagliente e dissacrante, le sfumature di un dramma che la società degli adulti conosce ancora relativamente.

 

“TUTTI INSIEME APPASSIONATAMENTE” (DEDICATO AI GENITORI) 

Sabato 21 maggio 2011. Ore 22 circa. La serata è quella di una primavera non troppo inoltrata. Partiamo per un viaggio notturno alla ricerca di gesti e di parole che possano testimoniare la realtà sconcertante degli sballi estremi. Liturgie antiche, in taluni casi, ma anche nuove e devastanti tendenze in altri. “Prima stazione”: il monte Maddalena. No, non siamo alla ricerca degli “sfigati” consumatori di cannabis o pseudo-cocaina (queste cose ormai sono appannaggio dei giovanissimi tra i 14 e i 16 anni, roba da bimbiminkia per usare lo slang giovanile del momento). Noi cerchiamo una “festa” particolare, qualcosa di diverso. Raggiungiamo, dunque, gli spiazzi della Maddalena e di lì a poco troviamo un’allegra brigata alle prese con il sacro rito dei funghi. Come bravi e organizzati campeggiatori i gruppi di giovani hanno preparato l’occorrente da giorni: c’è chi ha acquistato i funghi su internet dal Nord Europa facendoseli consegnare con il corriere espresso (e poi c’è chi dice che questi giovani non sappiano far “o” con il bicchiere) e c’è chi ha portato il fornello a butano e il padellino con l’acqua e il the. Si sa (lo sapevamo?), i funghi vanno fatti bollire e poi devono essere consumati velocemente bevendone l’acqua e mangiandoli. Una sorta di vero e proprio rito eucaristico pagano. A questo punto molti ragazzi salgono in auto e si legano con le cinture per contrastare le possibili reazioni negative dell’assunzione (molti potrebbero farsi e far del male). Qualche ora prima abbiamo incontrato Gino, cinquantenne ed ex tossico il quale ci ha raccontato che già trent’anni fa con l’Lsd c’era il problema delle reazioni per cui era necessario barricarsi in casa: “se ti pigliava la colomba rischiavi di volare fuori dalla finestra”. Il viaggio allucinato di questi ragazzi dura mediamente qualche ora. Ore di vaneggiamenti, di gente che urla, si dimena e vomita, di gente che corre nuda e stramazza: un vero e proprio girone infernale che riproduce tutta la gamma dei sentimenti umani estremi: riso e pianto compulsivi, violenza, languore e, soprattutto, visioni. Il rito sociale dei funghi non è, tuttavia, praticato solo all’aperto: spesso le taverne e le cantine di molti di questi ragazzi ospitano l’allegro happening. Lo testimoniano i molti video su YouTube che riportano scene abbastanza esplicite di questi festini domestici a base di allucinogeni. In mancanza di funghi “tradizionali” vi è poi la variante più spiccia dei “cartoni”: sono semplici pezzi di carta della grandezza di un francobollo imbevuti di una sintesi chimica da applicare sotto la lingua. Il principio attivo è, grosso modo, riconducibile all’Mdma ossia alle metanfetamine, gli stupefacenti più potenti e più pericolosi in assoluto per la loro capacità di “sputtanare” il cervello in pochissimo tempo (e magari per tutta la vita). Le pasticche di ecstasy funzionano, per intenderci, allo stesso modo dei cartoni. È la droga, per eccellenza, dei “rave party”, le feste musicali dai contorni innegabilmente psichedelici, organizzate da molte discoteche. Pare che nella sola Lombardia vi siano mediamente almeno tre rave party ogni fine settimana. Ma torniamo in Maddalena. Tra i campeggiatori della notte c’è anche chi semplicemente “fuma”. Fuma il bong o pipa ad acqua perché, ci dice uno di loro, “non si aspirano certi prodotti della combustione e fa meno male di un chilum”. Abbiamo a che fare con un secchione della chimica o con un altro farneticante individuo non troppo informato delle cose? Forse è più la seconda. Secondo uno studio del 2000 del Norml-Maps (Multidisciplinary Association for Psychedelic Studies), infatti, Il bong prima del rilascio del fumo da parte della valvola trattiene una considerevole quantità dello stesso. L’alta concentrazione di fumo liberata in un istante fa assumere all’utente una grande quantità di principi attivi. Suggeriamo, dunque, al nostro giovane chimico qualche lezione di recupero o delle ripetizioni con raccomandazione di non confezionare nemmeno un’acqua di colonia.

 

LO SBALLO ALCOOLICO E LA DROGA DELLO STUPRO

Ci spostiamo a Desenzano, in uno dei locali più “in” del popolo della notte a caccia di altre inquietanti bizzarrie. Ora ci troviamo a che fare con tre fenomeni e realtà di sballo relativamente nuovi: il “binge drinking”, l’“eyeballing” e la ketamina. La prima espressione si riferisce alla bevuta compulsiva. Si tratta di “tracannare” letteralmente in pochi secondi alcuni bicchieri di bevande alcoliche per poi “godere” dell’effetto devastante che insorge di lì a poco. L’ubriacatura è assicurata come pure gli effetti collaterali. L’assunzione massiccia in tempi estremamente ridotti di quantità significative di alcool, infatti, può causare più facilmente dipendenza e quindi alcolismo, nonché danni organici rilevanti. Ma la vera novità, a nostro parere, è l’eyeballing, ossia il versarsi alcolici (vodka soprattutto) negli occhi poiché attraverso le mucose oftalmiche l’effetto dell’alcool è subitaneo. Alcuni esperti sono scettici sul fatto che l’eyeballing abbia degli effetti reali, dato che molti sono già parecchio ubriachi quando si lanciano in questa assurda pratica, ma questo non evita a molti ragazzi di cimentarsi nell’esperienza. Ma il rischio è ben più grande di una temporanea cecità e di uno sballo istantaneo. I danni a lungo termine possono essere ben più gravi, tant’è che l’eyeballing sta diventando una vera preoccupazione per la già nota tendenza all’alcool da parte di molti giovani. Osserviamo alcune scene a dir poco demenziali: i giovani urlano per il bruciore causato dall’alcool negli occhi, ma non per questo desistono dalla “prova”, incitati e sostenuti da qualche “spruzzina” mezza nuda che ride e starnazza compiaciuta per il suo lui. Tuttavia a destare maggior inquietudine in questa “notte psichedelica” è la ketamina. Detta anche “cat valium” o “special K” è una droga incolore, insapore e inodore. È per lo più un anestetico usato soprattutto in ambito veterinario fin dalla metà degli anni ‘50. È anche conosciuta come la “droga dello stupro” poiché causa un torpore e un’incoscienza pressoché totali annullando, tra l’altro, al risveglio, ogni capacità di ricordare quanto accaduto durante l’effetto, poiché, per l’appunto è un farmaco di tipo catalettico che induce amnesia. Come dire? L’acqua del fiume Lete che dava oblio all’anima prima della reincarnazione è nulla al confronto anche se in questo caso la mitologia davvero poco “c’azzecca”. Dove la troviamo, la Ketamina? Fuori dal locale, ovviamente. Basta osservare il pullulare di “mosconi” accanto al macchinone di un “tamarro” dall’apparente età di trent’anni. Lui smercia la Ketamina in fiale che poi, secondo quanto ci viene riferito, finisce disciolta in bottigliette di acqua. Acqua che spesso porta il nome di Santi, ma che poi, a conti fatti, ha davvero nulla di edificante e santificante, ma di certo molto di miracoloso. Prezzo? Trenta euro, ma anche meno. “Io e i miei amici stiamo sempre attenti quando in disco abbiamo il bicchiere in mano – dice Andrea, 21 anni –. Le ragazze del nostro gruppo se lo tengono stretto, sanno che rischiano di andare fuori di testa e magari essere coinvolte in rapporti sessuali che non vogliono”.
 
(continua…
 
L’articolo completo nel pdf allegato 
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Redazione BsNews.it
Tags: mdma

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