La Cgil bacchetta Ben Issa: no ad azioni individuali, sì a forme di protesta condivise da tutti

No a iniziative individuali, sì a forme di protesta condivise. Questo il commento della Cgil di Brescia al clamoroso gesti di Ben Issa, uno degli immigrati del presidio di Largo Formentone salito ieri sera sul tetto di palazzo Loggia.

Ecco il testo competo della nota:

 

Da quando è ripresa la mobilitazione la Cgil di Brescia ha sostenuto le ragioni della protesta dei migranti. Crediamo infatti che sia interesse di tutti far emergere il lavoro nero e le situazioni di illegalità, dando così risposta positiva a chi ha presentato domanda di sanatoria nel 2009. La situazione di queste ore, la salita sul tetto della Loggia di un immigrato, ci preoccupa. Siamo convinti che la soluzione al problema debba essere ricercata in modo collettivo e senza forzature.

Il nostro è un appello a tutti coloro che partecipano al presidio di Largo Formentone a fare in modo che tutte le azioni siano condivise e che nessuno scelga l’iniziativa individuale, a maggior ragione se questo significa mettere a repentaglio la propria vita. Fino a quando non ci sarà una risposta positiva da parte del ministero il presidio deve proseguire. Noi, per parte nostra, ribadiamo la necessità a fare in modo che tutte le iniziative siano condivise e concordate tra tutti i migranti e le associazioni che li stanno sostenendo in questa lunga e difficile vertenza.

Ricordiamo che in queste ore il primo soggetto che si trova in situazione di illegalità è il ministro dell’Interno e in questa direzione va il ricorso che come Cgil (insieme a Fondazione Piccini e Associazione Studi giuridici sull’immigrazione) abbiamo fatto il 9 giugno scorso. In quel ricorso al tribunale del lavoro si ricorda la situazione paradossale venutasi a creare a seguito dell’ultimo pasticcio del ministero dell’Interno – che prima ha emesso una circolare (3958 del 24 maggio) nella quale si definiva non ostativo il rilascio del permesso di soggiorno per i lavoratori stranieri che non avevano ottemperato a un decreto di espulsione e avevano fatto richiesta di sanatoria nel 2009 e poi ha emesso un’altra circolare (4027 del 26 maggio) che ha sospeso la prima. La situazione, dopo le note pronunce della Corte di Giustizia e del Consiglio di Stato sul reato di clandestinità, è paradossale e ingiusta con il risultato che oltre 800 lavoratori nella sola Brescia (e molte migliaia in tutta Italia) che avrebbero diritto, in base alla legge, di lavorare regolarmente sono condannati ad una condizione di clandestinità a causa dell’inerzia del ministero.

È arrivato il momento di concludere questa situazione, è arrivato il momento che il ministero si assuma le proprie responsabilità e la smetta di rinviare le decisioni necessarie. 

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Redazione BsNews.it

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