"La consigliera di Parità spiega che (…)". Chi? Leggendo il trafiletto pubblicato nei giorni scorsi su un quotidiano locale non ho potuto fare a meno di fermarmi a riflettere. Già. Chi è la consigliera di Parità? E, soprattutto, a cosa serve? Sfido voi tutti – comprese le più femministe tra le lettrici di questo sito – a indicarmi i nomi delle consigliere di "parità" nominate da Palazzo Loggia e Broletto. E ancora: vi sfido a dirmi quale risultato concreto (fiocchi rosa, bianchi o rossi a parte) è stato ottenuto per la parità tra i sessi. Dove era, ad esempio, la consigliera di Parità di Palazzo Broletto quando il presidente Daniele Molgora nominava (oltretutto, secondo l’opposizione, in violazione dello statuto dell’ente) una giunta senza la presenza di una sola donna? Rispondete per favore. E ditemi anche quale importante risultato ha ottenuto la commissione Pari opportunità del Comune di Brescia: un organismo elefantiaco composto dalle otto consigliere comunali elette e da dodici donne esterne nominate in prevalenza dai partiti.
Venti donne (si spera non retribuite), che dovrebbero – come spiega il sito del Comune – "formulare al Consiglio e alla Giunta proposte ed osservazioni su questioni che possano avere attinenza alla condizione femminile", "operare per rimuovere gli ostacoli che di fatto costituiscono discriminazione diretta o indiretta nei confronti delle donne", "promuovere e sostenere la presenza delle donne nelle nomine di competenza comunale", "promuovere e sostenere azioni positive tese a superare ogni forma di disparità e ogni situazione di svantaggio che limitino l’effettivo e pieno esercizio dei diritti della persona in materie quali: diritti civili, scuola, cultura, formazione professionale, lavoro, famiglia, sanità, territoriale tutela ambientale" e via dicendo.
Già. Ma in tutto ciò vi è un’assurdità di fondo. Perchè della commissione fanno parte solo donne? E perché si parla esclusivamente di discriminazione femminile? Non è questione di "parità" forse anche quella dei padri separati a cui i tribunali non attribuiscono praticamente mai la custodia dei figli per il solo fatto di essere maschi, salvo poi obbligarli – tavolta – a pagare abbondanti somme alle ex (che nel frattempo, magari, si sono rifatte una vita) e a dormire in automobile per l’impossibilità di pagarsi un affitto? E i gay? E gli immigrati? Non potrebbero forse reclamare una loro commissione? Ma ancora. Molto più banalmente. Perché di quella commissione non fanno parte uomini? Oltre a sembrare una discriminazione, a me pare una mossa poco intelligente. Il atto che le donne, soprattutto in alcuni ambiti, non abbiano ancora raggiunto la parità è un dato di fatto. Ma forse, permettetemi la provocazione, se il consigliere di Parità fosse un uomo qualche risultato in più anche le donne – che troppo spesso si ostinano a rivendicare quote panda solo per il sesso d’appartenenza e non per il merito – l’avrebbero ottenuto.
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