Don Adriano Bianchi, direttore dell’ufficio comunicazioni sociali, conversa con Bsnews su Brescia e i bresciani.

Lei è reduce dal pellegrinaggio in Siria con il vescovo Monari accompagnato da 150 fedeli. Com’è andata?

E’ stato un viaggio, anzi un pellegrinaggio molto interessante in un Paese segnato dal Cristianesimo con la celebre conversione di San Paolo sulla via di Damasco, ma le festigia del cristianesimo in quei luoghi risalgono anche al VII- VIII secolo. Inoltre la Siria diventa l’occasione per un confronto con piccole comunità cristiane e con l’altra grande religione che è l’Islam. Direi che è stato un viaggio ricco sia dal punto di vista culturale che religioso, ma soprattutto spirituale. Del resto tutti i partecipanti aderiscono a questa iniziativa ben consapevoli di un percorso di fede che trova nella guida del vescovo l’occasione per un approfondimento della Parola.

Qual è stato il messaggio più forte lanciato da Monari in quelle terre?

Sicuramente l’idea del confronto con Dio e del rapporto con le religioni, cristiane e non. La Siria è la seconda tappa dopo la Turchia per un percorso intrapreso sulle orme di Paolo, cammino che l’anno prossimo si concluderà in Libano.Come nelle precedenti esperienze le riflessioni del vescovo verranno raccolte in un volume per diffondere un pezzo di questa esperienza anche a chi non ha potuto venire di persona.

Dopo tre anni a suo parere che tipo di rapporto si è instaurato tra il vescovo e la città di Brescia?

La gente ha capito la ricchezza di questo vescovo e soprattutto della sua Parola, non solo perché monsignor Monari è un raffinato biblista, ma anche perché in vicende delicate che coinvolgono tutta la comunità è interventuto senza mai tradire l’ovvio. Mi riferisco al bonus bebè piuttosto che al caso di Adro o quello di don Marco Baresi. Direi che è riuscito a proporre un cammino condiviso.

A proposito del caso Adro e bonus bebè, non è mancata una dura lettera a firma di don Fabio Corazzina che mette in guardia la stessa Chiesa. In quella missiva don Corazzina denunciava l’attecchirsi anche nelle parrocchie di un pericoloso sentimento egoistico ed individualista al limite del razzismo. Lei condivide tale visione?

Quella lettera nasce da fatti specifici che a mio parere sono stati sbattutti sotto i riflettori dei media esacerbando gli animi di tutti. Non credo a Brescia o in provincia manchi o difetti l’accoglienza, ma sicuramente è venuto a scemare il senso di comunità. Le operazioni mediatiche di Adro o Coccaglio hanno ferito la comunità, ma non si deve dimenticare che associazioni, Caritas e altre Istituzioni lavorano da sempre nel senso dell’accoglienza. Molto del “bene” non finisce sulla stampa, ma esiste.Quando qualche persona poco avveduta pretende la ribalata mediatica si creano lacerazioni e ferite difficili da rimarginare. Penso alla serata di Santoro dedicata ad Adro: dopo che sono andati in televisione a dirsi di tutto quelle persone, tutti gli attori, si sono dimenticati dei veri protagonisti della vicenda cioè i bambini che, invece, dovranno continuare a convivere. Insomma Brescia non è il territorio di barbari che può sembrare, esiste un sommerso di accoglienza quotidiana che prosegue anche nei momenti più difficili.

La condanna di don Baresi ha rappresentato un’ altra ferità nella comunità. Premesso che, fino all’esaurimento di tutti i gradi di giudizio anche per don Marco Baresi vale la presunzione d’innocenza, non era forse meglio sospendere il sacerdore dal suo incarico in seminario con l’arrivo dell’avviso di garanzia?

Due anni fa non è oggi e forse oggi si ragionerebbe in modo diverso, ma anche in  questo caso il vescovo ha misurato ogni parola in attesa della sentenza definitiva.

A quanto pare gli oratori bresciani sono l’esempio nazionale di educazione e formazione. Qual è il segreto del format bresciano?

Sono luoghi popolari e non elitari e in questo modo vengono percepiti da ragazzi. Inoltre sono ben radicati sul territorio, mentre fuori dalla Lombardia non sono poi molti. Negli oratori non ci sono tessere o bandiere, ma i veri protagonisti sono sempre i ragazzi che qui apprendono un modo di vivere ritenuto affidabile e credibile. Lo domostra il fatto che quest’anno sono impennate le richieste dei grest estivi: un ottimo esempio di collaborazione tra le istituzioni e la Chiesa.

Piazza Paolo VI reduce dalla “cuscinata”, organizzata via web e poi il ghiaccio nel periodo natalizio. A suo parere sono iniziative “opportune” nella piazza della Cattedrale?

Premesso che la piazza è pubblica esistono luoghi e luoghi per fare cose e cose. La piazza comunque non è la chiesa. Certo un luogo di culto esige rispetto e questo sentimento dovrebbe far parte del senso comune. Ma i veri problemi sono altri. Inoltre, meglio una piazza vivace del deserto o al proliferare delle auto parcheggiate.

Federica Papetti

 

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Redazione BsNews.it

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