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Parla Laura Castelletti

A pochi giorni dalla sentenza della Cassazione sul caso della materna Sorelli, Laura Castelletti interviene per dire la sua sul clima persecutorio che ha accompagnato per tanti anni i protagonisti della vicenda, alcuni dei quali vissuti dalla Castelletti da presidente del Consiglio comunale.

«La vicenda dell’asilo Sorelli si è finalmente conclusa dal punto di vista giudiziario: gli abusi e nessun reato è stato commesso tra le mura del nostro asilo comunale. Il termine della vicenda giudiziaria non coincide però con la fine della storia. Un lieto fine non potrà infatti mai esserci perché nessuno potrà mai restituire pace, serenità, salute, anni, risorse economiche usate per pagarsi la difesa alle persone che per 7 lunghissimi anni ha vissuto con l’etichetta “mostro pedofilo” appiccicata sulla schiena. C’è però, da parte dell’intera comunità bresciana, dell’amministrazione comunale, della politica, delle istituzioni e dei bresciani tutti un preciso dovere: non archiviare, insieme al termine del percorso giudiziario, l’intera esperienza. L’ho chiesto anche al Sindaco che, a mio avviso, non ha solo doveri di governo quotidiano della città, ma l’impegno a guidare la comunità in percorsi di riflessione e lettura della propria esperienza.

Mi considero un testimone, sofferente e allora sfortunatamente in prima linea, del “delirio collettivo” che in alcuni momenti la nostra città e la politica hanno vissuto all’inizio dei 7 lunghi anni. Ad un certo punto ho avuto il compito in qualità di Presidente del Consiglio Comunale di allora, quando l’asprezza dello scontro tra maggioranza e opposizione in Loggia su questi temi aveva raggiunto livelli insopportabili, di presiedere la commissione speciale istituita per valutare le informazioni in possesso dell’amministrazione e soprattutto trovare il modo di riportare un linguaggio  equilibrato e comune tra i capigruppo (maggioranza/opposizione di allora). Sono contenta di aver fatto la mia parte, sono contenta di come l’ho fatto. Quando ti trovi a svolgere un ruolo come quello, incontri situazioni e persone che vivono, per ragioni diverse, dolore e sofferenza. Nel mio studio di allora ho incontrato le lacrime di alcuni genitori, dell’assessore Bisleri, di alcune maestre e dei suoi familiari. Ho incontrato la tenacia e la voglia di difendere un intero sistema scolastico sano e di qualità da parte di tanti operatori del settore, ma anche di tante mamme e papà soddisfatti della nostra scuola. Ho incontrato l’equilibrio di alcuni rappresentanti dell’opposizione di centro destra, ma anche l’aggressività e la strumentalità di altri. Tutti hanno nome e cognome. Ho incontrato anche la non sufficiente forza e determinazione della maggioranza (non mi sottraggo) nell’affrontare, in alcuni momenti, la vicenda.

Tanti errori sono stati commessi, tanti comportamenti avrebbero potuto essere diversi. Ad un certo punto, come da manuale di psichiatria (ricordo benissimo quando un caro amico, bravissimo psichiatra milanese da me consultato “per capire”, mi descriveva i sintomi in divenire di questo processo di piazza) il “delirio collettivo” ha coinvolto la nostra comunità alla ricerca “del colpevole a tutti i costi”. Situazioni come queste non si devono mai più ripetere. Ma come fare? Sono convinta che non si debba archiviare l’intera vicenda con la conclusione dell’iter giudiziario e che soprattutto dobbiamo ripercorrere con gli occhi e la serenità di oggi. Non ho ricette sul come farlo, dico (l’ho detto personalmente al Sindaco) che chi deve promuovere questa riconciliazione nella città può essere solo l’amministrazione comunale.

Se sapremo guardare indietro con la voglia di capire, saremo in grado d’insegnare ai nostri figli a guardare avanti con serenità.»

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Redazione BsNews.it

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