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Calcio giocato e calcio parlato

di Renato Borsoni – Dopo le elezioni succede un po’ come la domenica sera in televisione o il lunedì sui giornali. Le interviste ai protagonisti del calcio festivo le immaginiamo in partenza, perché se conosciamo i risultati dopo avere visto le sintesi dei gol e delle decisioni arbitrali, il linguaggio è ormai omologato: sia quello dei vincitori che quello dei perdenti. Sono pochissimi quelli che riescono a svicolare dal rito con atteggiamenti equilibrati e lucidi. Ricordo una chiacchierata a questo proposito con  Carmelo Bene, grandissimo attore e polemista saporito, oltre che appassionato di calcio, una sera in un ristorante sui Ronchi, quando all’improvviso troncò la discussione dicendo: “ E poi a me piace il calcio giocato, non il calcio parlato”. A me torna in mente anche Boscov, l’allenatore iugoslavo che chiudeva sorridendo certe diatribe con il suo perentorio: “Rigore c’è quando arbitro fischia”.

Forse mai come dopo la recente gara elettorale il dibattito ha cancellato i motivi politici della contesa – e quanti ce ne sarebbero, per esempio, sul tema dei progetti di un federalismo realizzabile ed equilibrato nella situazione storica anomala come quella italiana – . spostando invece la mira su rabbiose spartizioni partitiche fuori e dentro le parti in causa: usando persino parole di immateriale senso umano, e quindi svilendole dei significati non negoziabili volgarmente, come l’amore e l’odio.

Fortunatamente, e l’avverbio valga solo per quanto detto fin qui, per qualche anno almeno in Italia non si faranno più elezioni. Ma proprio per questo da domani si dovrebbe incominciare – tra le parti in causa più consapevoli – a ragionare su quanto è avvenuto, alle fratture ancora più dolorose che si prospettano, all’abbassamento generalizzato del livello civile e culturale raggiunto fin qui con questi metodi. Non ci sono ricette, purtroppo. Non si intravedono, per ora, spiragli. La velocissima diffusione delle opinioni attraverso sempre nuovi strumenti di comunicazione di massa difficilmente si presta a una organizzazione democratica del pensiero politico, almeno così come si sviluppa sotto i nostri occhi, soggetta com’è alla sfuggente prevaricazione di grandi fratelli, alcuni dei quali già individuabili fra di noi, altri invisibili e ancor più pericolosi. Giovani generazioni, tenete aperti gli occhi.

DA IL QUOTIDIANO IL BRESCIA – 1 APRILE 2010

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Redazione BsNews.it

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