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Due teatri da tener cari

di Renato Borsoni – Forse è casuale forse no, ma in queste settimane i due ambienti istituzionali del teatro bresciano attraversano in contemporanea momenti di trasformazione significativi della loro vita. Il Teatro Grande, che il prossimo anno potrà festeggiare i due secoli dall’apertura della sala progettata dal Canonica e come tale conservata fino a oggi, ha trasformato la sua fisionomia: risolto il problema societario

che era stato inghiottito dalla notte dei tempi, è di questi giorni l’avvio di una fondazione che affida alla comunità – attraverso i suoi organi elettivi – le responsabilità progettuali, artistiche e amministrative (peraltro già raggiunte da molto tempo, sia pure con forme diversificate, dalla quasi totalità dei teatri italiani).

Il Centro Teatrale Bresciano, nato invece da un movimento spontaneo più di mezzo secolo fa (Piccolo Teatro di Brescia, poi Compagnia della Loggetta) come centro di produzione di teatro di prosa e come tale affermatosi a livello nazionale, sente fortemente l’esigenza di rilanciare la necessità della sua presenza a livello territoriale e nazionale in un periodo in cui la crisi generalizzata non risparmia i sempre fragili territori della cultura: nel caso del Ctb, coincide e allarma per di più la fine della collaborazione con un artista che aveva cercato di dare continuità allo spirito di innovazione e ricerca che ha permeato l’iniziativa fin dalla sua nascita.

Ora, in tutti e due i casi, toccherà alle amministrazioni pubbliche locali (sotto lo sguardo attento degli organi decisionali nazionali preposti alla aggiudicazione delle risorse) fare scelte meditate riguardo agli organismi amministrativi e direttivi delle due realtà. Io credo – sommessamente ma con convinzione – che sarebbe utile organizzare in tempi brevissimi una sorta di “stati generali” dello spettacolo in città e provincia: un concorso di opinioni aperto agli operatori (i bresciani hanno tantissime voci), che fornisca alle amministrazioni i materiali per organizzare sintesi concrete sulle quali orientare le scelte di politica culturale.

A quel punto la selezione dei responsabili operativi potrà essere più mirata, più responsabile, più condivisa. So che sarà difficile comunque sfuggire alla logica delle “aree culturali”: ma può anche capitare che per esaltare l’equilibrio della propria matrice si apra il dibattito e ci si comporti con più gusto.

Lasciatemelo dire, per oggi. Domani, vedremo.

DA IL QUOTIDIANO IL BRESCIA – 4 DICEMBRE 2009

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Redazione BsNews.it

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