Peter Brook al Grande
di Renato Borsoni – E così accadrà che i primi giorni di dicembre il sipario del teatro Grande si aprirà sul più recente spettacolo di Peter Brook, cinquanta minuti di interpretazione di 15 sonetti shakespeariani. Per i frequentatori e gli appassionati di teatro è una grande notizia, di quelle da togliere il fiato: il Maestro inglese non è mai passato di qui con le sue opere, che invece figuravano spesso alla biennale di Venezia, al Metastasio di Prato e in varie altre occasioni italiane. Questa volta, una serie di circostanze favorevoli, di intuizioni personali e di disponibilità istituzionali ha fatto centro. Brook fa parte della ristrettissima cerchia dei registi che vengono considerati i Maestri del Novecento, dal dopoguerra a oggi. LItalia ha dato il suo apporto con Visconti, Strehler e Ronconi (con il nostro Castri al perenne inseguimento). E gli altri? Beck, Wilson, Barba, Wayda, Grotowski, Kantor, Peter Stein e, forse il più grande di tutti, Peter Brook. Alcuni di loro hanno lasciato il loro segno a Brescia: penso a Eugenio Barba con il suo Odin di Oslo nel sotterraneo del Quadriportico e a Bob Wilson nelle sue infinite traversate di palcoscenico nel cortile del S.Chiara, o a Julian Beck con il suo Living nel Teatro S.Chiara preso dassalto in una notte infinita in cui andarono in scena in successione Sette contro Tebe della Loggetta e Antigone cavallo di battaglia del Living.
Le ultime notizie parlano addirittura di una possibile presenza a Brescia del Maestro: se così sarà e se riusciremo ad aprire uno spiraglio nella sua riservatezza, lo ringrazieremo dal vivo per la grande lezione di civiltà teatrale che ci ha dato e ci darà. In questo periodo ha lasciato Les bouffes du nord il teatro parigino dove lavoravano in un fascinoso crogiolo di esperienze attori di differenti culture. Lì vidi nel 90 la sua indimenticabile Tempesta shakespiriana. Brescia, ne sono certo, non perderà loccasione per una standing ovation.
In queste ore non posso non ricordare La tempesta messa in scena da Massimo Castri nel 74: perché il personaggio di Ariel, lo spirito dellaria, una delle più spiazzanti invenzioni del Bardo, era interpretato da unattrice che proprio in queste ore ci ha lasciato. Clara Zovianoff. Credo che tutta una generazione di bresciani la ricorderà per loriginalità della sua presenza, la lievità della sua recitazione, lintelligenza delle interpretazioni. Uno spirito dellaria.
DA IL QUOTIDIANO IL BRESCIA – 27 NOVEMBRE 2009
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