Si chiama semiotica ed è lo studio del “come” e del “perché” di fronte ad un simbolo compaiono tante e opposte interpretazioni di significato.
Chi assume come riferimento la vicenda terrena di Cristo e la misura con la propria, non dovrebbe aver molto da dissertare sul significato di quei due legni incrociati. Fu un’esecuzione sommaria in una cornice di spregio per chi predicava l’amore totale e generalizzato. Giudice un prefetto senza meriti passato alla storia per essersi “lavato le mani” e boia la soldataglia romana.
Benito Mussolini usava dire “sono cattolico e non cristiano”. Come a rimarcare la dimensione “universalmente terrena della Chiesa” e passare così in second’ordine il valore intrinseco del messaggio evangelico. Ironizzando si potrebbe dire per fortuna divenne “solo” tiranno e non vescovo.
Non fu un caso che il dittatore con la sua abile oratoria strumentalizzò la purezza dei primi filosofi tessendo l’elogio della forza fisica. Per lui non fu accidentale mutare il dubbio in certezze senza appello. Nulla fu casuale in quel ventennio di segni mimetici utili solo a camuffare la tragedia.
Anche oggi non è occasionale che si discuta di radici culturali degli italiani appellandosi ai “simboli” più che al loro vissuto in carne ed ossa. Vuoti di memoria a dir poco singolari.
A sottoscrivere i trattati fra Stato Italiano e Chiesa Cattolica non a caso furono due socialisti improbabili: Carxi e Mussolini appunto. Patti emblematici che continuano ad alimentare dubbi sulla coerenza delle rispettive istituzioni.
Don Lorenzo Milani tolse il crocefisso dalle stanze di Barbiana dicendo “Meno croce e più Vangelo” ribaltando radicalmente l’impostazione del Duce. Continuo a pensare che tutti i cattolici dovrebbero seguire la concreta profezia di quel priore di montagna.
Per me la Croce non potrà mai essere un’icona culturale. Chi la strumentalizza bestemmia Dio.
Oltre a rendersi ridicolo da la prova che il male oscuro del totalitarismo è sempre in agguato.
Gianluigi Fondra – Mompiano
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