Un libro da dimenticare e una storia da relegare nel magazzino di una casa editrice. Per ora questo è il destino “Il Palazzo e la Città – Storia del Consiglio Comunale dal 1946 al 2006” scritto dal giornalista di Bresciaoaggi, Massimo Tedeschi, ed edito da Grafo. Il testo ripercorre le vicende politiche bresciane dal dopoguerra fino alla giunta Corsini attraverso gli atti del Consiglio. Le copie del volume, commissionato dalla precedente Amministrazione, giacciono da più di un anno nel magazzino di Grafo, salvo qualche copia che è stata distribuita in sordina agli attuali consiglieri comunali.
Nonostante i numerosi appelli dell’ex sindaco Paolo Corsini e di altri esponenti della trascorsa Amministrazione, Adriano Paroli non ha mai presentato in pubblico un lavoro di oltre 340 pagine che non intende santificare nessuno e sopratutto nessuna Giunta, ma che riprende, per consegnare alla memoria della comunità, la tradizione amministrativa bresciana. Se esiste una celebrazione questa rigurda l’Istituzione in quanto tale, agorà per eccellenze e palestra bella quale si è costruito un importante pezzo della democrazia dela Paese.
Non solo, l’autore, consapevole che con Paolo Corsini si chiude per Brescia un ciclo storico e politico, tenta di ricostruire i capisaldi dell’azione ammonistrativa e ripercorrere gli eventi salienti grazie ai quali per oltre 60 anni ha dominato questo tipo di cultura politica e sociale. In tutta onestà non si comprende la ritrosia dell’attuale sindaco nel divulgare una “storia” alla quale anch’esso, quanto meno nei suoi ultimi venti anni, appartiene. Non riesco a credere che la motivazione risieda in una particolare antipatia del sindaco nei confronti dello scrittore o del committente. Quanto al contenuto, non basta certo una censura del genere per cancellare una tradizione politica, la voce dei testimoni e l’eventuale eredità, oggi, nelle mani di formazioni politiche e culturali ben consce dello iato che si è verificato dopo l’elezione di Adriano Paroli. Non credo nemmeno sia così ingenua la nuova classe dirigente dal poterl pensare di censurare 60 di governo. Ma allora perchè non restituire un po’ di legittimo onore ai “vinti” e riconoscere l’importanza di un ‘ esperienza che ha portato Brescia tra le città più importanti del Paese e omaggiare un periodo fecondo che ha rappresentato un vero e proprio laboratorio al quale molti altri hanno voluto guardare ?
La divulgazione, magari alla presenza dei protagonisti del libro, non sarebbe un atto di clemenza al testo, ma l’omaggio del “nuovo che avanza” nei confronti di una storia che ha contribuito a generare anche l’attuale l’identità dei bresciani e l’odierna “civitas”. Una storia che, nel bene o nel male, ci accomuna tutti quanti.
Federica Papetti
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