Probabilmente si parlerà a lungo del 25 aprile appena vissuto. E non per la sterile polemica sui negozi aperti in un giorno tradizionalmente dedicato al ricordo, alla memoria delle vite perse per l’edificazione di uno stato democratico. Se ne parlerà a lungo per i fischi e le invettive giunti dalla folla mentre il sindaco di Brescia pronunciava il suo discorso.
Fino a quel momento il pubblico aveva ascoltato in silenzio le parole di Lino Pedroni, presidente dell’Anpi, e di Agape Nulli Quilleri, presidente delle Fiamme Verdi. Quando Paroli ha attaccato il discorso sono saliti alla ribalta i contestatori della sinistra antagonista. Con i fischi e le urla prima («Vai via, torna a Roma», «fascista» e ancora «buffone») e le canzoni intonate poi («Fischia il vento, infuria la bufera» e «Bella ciao») i manifestanti hanno di fatto impedito a Paroli di proseguire con il discorso preparato. Lo stesso sindaco, più volte, e in seguito Lino Pedroni hanno tentato con veemenza a interrompere la protesta, senza alcun esito. Solo quando Martinazzoli ha preso il microfono la folla, la parte di folla che ha interrotto, è tornata silenziosa.
a.c.
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Quando si conquista il consenso non è detto che si sia acquisito anche il rispetto della gente. C’è una notevole differenza fra l’uno e l’altro. Martinazzoli ne è la dimostrazione.
Sono perfettamente d’accordo con Alessandra. Fra le tante libertà tanto popagandate c’è anche quella di non sentirsi rappresentati da persone che hanno scelto ideali diversi. Si accetti con umiltà il dissenso di chi non può esprimersi da un palco, ma ha soltanto la piazza per esternre la propria opinione. La parabola del ritorno del figliol prodigo da festeggiare, era fuori luogo in quella circostanza.