di Federica Papetti – Ci sono due modi per uccidere la Chiesa: con lodio degli anticlericali o con labbraccio soffocante. Don Piero Lanzi riferisce la riflessione di monsignor Francesco Beschi, ex vescovo ausiliare di Brescia e oggi vescovo di Bergamo, in occasione del convegno di sabato La città negata. Se la Chiesa dunque, preferisca affondare sotto le bordate dei proclami anticlericali o soffocare nella stretta degli atei devoti è un problema principalmente della Chiesa. Ma la battaglia del crocifisso, brandito come una clava per rivendicare radici cresciute nelle acque del Po e non certo nel Giordano, diventa una strumentalizzazione che riguarda tutti i cittadini e che dovrebbe preoccupare soprattutto i credenti.
Imporre il crocifisso nei luoghi pubblici è un atto di arroganza nei confronti di tutti quei cittadini che ancora sostengono il valore costituzionale della laicità dello Stato, ma è anche unoffesa a tutti coloro che intravedono nel Cristo crocifisso il simbolo supremo della pietas divina. Mentre si svuotano chiese oratori traboccano manifestazioni dove il sacro diventa la miglior legittimazione del profano. Mentre il messaggio evangelico diventa potente marketing senza alcuna preoccupazione per la testimonianza o la coerenza, il crocifisso è ridotto a mero sponsor della battaglia per il potere. Non importa quanto sia impegnativa una vita allinsegna della croce o quanto sia difficile una fede nella resurrezione, molti, oggi davvero troppi, intraprendono la scorciatoia di una lotta iconoclasta.
Imporre il crocifisso negli uffici pubblici o nelle scuole trova la contrarietà di chi non crede, ma anche di chi non intende barattare la propria fatica da credente con qualche slogan biginesco.
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