Manuela Bailo, quella panchina rossa faccia tacere i moralisti
di Andrea Tortelli – Nei giorni scorsi, in via Vantini, è comparsa una panchina rossa alla memoria di Manuela Bailo, la 35enne di Nave uccisa – senza colpe, è doveroso ribadirlo – da Fabrizio Pasini. Un gesto simbolico voluto da istituzioni, sindacato e familiari per ricordare la figura della giovane e per ribadire il doveroso no alla violenza contro le donne.
Purtroppo, anche stavolta, il cortocircuito sui social è stato immediato. Di come alcuni, da subito, si siano ingiustamente accaniti contro l’ex convivente Matteo Sandri BsNews ha già scritto. Ma su Facebook continuano a fioccare commenti – soprattutto di donne – dal tenore odioso, che pongono l’accento su presunti comportamenti poco convenienti della vittima.
“Lei tradiva il marito… quindi non ne facciamo proprio una santa”. Così ha scritto poche ore fa una donna, suscitando il giusto sdegno di decine di altre nei suoi confronti. Un messaggio emblematico – solo uno dei tanti – di come l’ignoranza e il moralismo a basso prezzo siano merce tutt’altro che rara.
Innanzitutto, va precisato, Manuela Bailo non ha tradito nessuno. Non era sposata: aveva un convivente, con cui però – come riportato da tutti i giornali – la relazione si era interrotta da due anni fa. L’unico a tradire qualcuno è stato colui che l’ha uccisa. Ma di questa “colpa” Pasini risponderà eventualmente ai suoi affetti. Perché ciò che uno fa nella sua sfera privata attiene solo a quella e al rapporto con le persone che gli hanno dato fiducia.
Se Manuela Bailo fosse una santa o meno, invece, è questione che non ci riguarda e che eventualmente giudicheranno figure ben più in alto degli utenti di Facebook, della redazione di BsNews.it e della magistratura. Di certo Manuela Bailo era innocente e – se anche fosse stata sposata come Pasini – questo non avrebbe giustificato in alcun modo ciò che le accaduto.
Nessuno la pensa diversamente, speriamo. Nel Paese che ha cancellato il delitto d’onore soltanto nel 1981, però, il passo che separa i “ma…”, gli “in fondo se l’è cercata”, i moralismi facili e parole come quelle che continuano a circolare sul web dalla giustificazione della violenza e dell’oppressione verso le donne è troppo breve. Qualcuno dovrebbe avere il buon senso di riflettere prima di scrivere e poi, rispettosamente, tacere. Mentre chi legge simili cose, nel nome della giustizia e del buon senso, ha il dovere di parlare.